Oggi mi ritrovo a scrivere un post molto personale.
Non è semplice affrontare i cambiamenti qualsiasi essi siano, vita privata, lavoro, salute, amicizie.
Comunque...
Sono
un dipendente SUPERDI', ancora per poco. Dipendente è un parolone. In
questo momento mi sento un numero, peraltro molto insignificante,
nemmeno uno “0” perché quello avrebbe almeno un suo posto preciso.
La storia dei supermercati SUPERDI' non è lunghissima ma sicuramente ricca di vicissitudini, anche paradossali.
Prima di raccontarvi le mie sensazioni e i miei pensieri vi riassumo un po’ la storia.
Parto da come si presentano sul loro sito:
“Siamo nati come una semplice macelleria che si trasformò col tempo in un Supermercato”.
“Erano
i primi anni Sessanta e la Grande Distribuzione stava muovendo i suoi
primi passi in Italia. Da quel momento in poi l'amore per il nostro
lavoro non ci ha più abbandonato ed è da queste origini che nel 1994 è
nato il primo punto vendita SuperDì”.
SuperDì e IperDì sono insegne italiane e per questo conoscono molto bene le esigenze dei propri clienti.
Anche wikipedia vi può dare informazioni sulla nascita di questo gruppo:
Origini
Il Cavaliere Felice Franchini verso il 1890 apre un mattatoio a Lentate sul Seveso contemporaneamente
all'apertura di tre macellerie. Dinamico com'era cerca subito sbocchi
per la vendita delle carni brianzole. Dopo vari incontri prende
l'appalto delle forniture navali per la carne dei grandi piroscafi di
Italia di Navigazione e Lloyd Triestino. Forniture che cesseranno solo
alla fine degli anni sessanta con lo sviluppo del trasporto aereo e la
fine dei grandi transatlantici. Oreste e Vittorio, figli di Felice,
oltre a proseguire nelle forniture navali aprono una serie di 10/12
punti vendita di macellerie/salumerie e prodotti alimentari in provincia
di Milano e Bergamo. Nel 1964, a Seveso, Oreste e Vittorio aprono il primo supermercato completamente self service in provincia di Milano. Nel 1966 vengono
a mancare i due ideatori. Il loro posto viene preso dai figli
Gianfelice di Vittorio e Peppino e Angelo di Oreste. Già nel 1974 i punti vendita aperti con il marchio Supermercati Brianzoli sono quattro: Calusco d'Adda, Tradate e due a Meda. Nel corso degli anni, SB arriva a ottenere una grande notorietà soprattutto grazie alla pubblicità in onda su Antennatre, tv privata regionale, così i supermercati arrivano a essere una sessantina espandendosi anche in Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna. Anche con l'aiuto di Imprenditori autonomi legati al marchio in franchising. Nel 1982 la sede si sposta da Lentate sul Seveso a Cantù in un nuovo grande magazzino centrale di oltre 10.000 m². Mentre per la centrale carni viene acquistata la Galbiati Carni di Bovisio Masciago e
fondate altre due società per la distribuzione della frutta e verdura e
dei surgelati. Nel frattempo si aprono anche i primi ipermercati a Grandate, Castagnito e Arcore, quest'ultimo cortesemente inaugurato dal Dott. Silvio Berlusconi.
Nel 1991 il gruppo viene acquisito dalla Fininvest di Silvio Berlusconi, venendo così accorpata alla Standa. La Famiglia Franchini, cedendo i Supermercati Brianzoli a Berlusconi, ottiene il 14% del capitale azionario di Standa,
suddividendo tra i vari soci le responsabilità di sviluppo aziendale e
controllando in toto gli acquisti e la politica commerciale.
Nel corso degli anni novanta tra
la Famiglia Franchini e il Dott. Berlusconi avvengono le prime
frizioni, dovute al contrasto di interessi tra il Gruppo Standa e Publitalia.
Per Standa i fornitori dovevano concedere il più possibile che il
mercato permetteva... ma gli stessi, il più delle volte, erano grandi
clienti di Publitalia, quindi con interessi chiaramente contrastanti. Il
progetto hard discount non viene approvato. L'incontro con Amancio Ortega per passare a marchio Zara i
trenta migliori punti vendita Standa, chiaramente in franchising, non
passa, dato che avrebbe creato grossi problemi sindacali. Per questo
insieme di contrasti Gianfelice, Peppino e Angelo Franchini si dimettono
dalle loro funzioni e lasciano il Gruppo Standa dopo aver firmato il
primo bilancio in pareggio e altri due con buoni utili. Utili mai
ripetuti successivamente.
Nel 1998 Gianfelice Franchini, appoggiato dal Mediocredito Lombardo, acquisisce il ramo alimentare della Standa. Subito dopo l'acquisizione rivendono la rete alimentare del sud a un gruppo di imprenditori legati a Conad[1],
mentre molti punti vendita della rete alimentare del centro-nord
vengono ristrutturati secondo la nuova immagine commerciale di Standa.
Acquisto da parte di Billa
Con l'acquisizione da parte dei tedeschi di REWE Group (che in passato avevano acquisito Billa), il marchio SB Mercato cessa di esistere, convertendo la maggior parte dei punti vendita in supermercati Standa, mentre un paio verranno chiusi per sovrapposizioni territoriali.
Ed ecco l’evoluzione del sistema: giocare con il futuro delle persone.
Qui troverete diversi articoli su cosa è successo a tutta la catena Superdì o Nuova Distribuzione da più di un anno ad ora.
Tutta la vicenda coinvolge l'intero gruppo dei magazzini, si tratta di più di 40 negozi e di più di 700 dipendenti.
Io
sono dipendente della filiale di Borgomanero. E partiamo dal comune dove
risiedo, al quale sembra non gli importi nulla se un punto vendita in
zona centrale chiude i battenti dopo anni e anni di attività, negozio
che dava da lavorare a 13 persone. Si tratta pur sempre di persone, o
no?
La
legge per noi non prevede ne' cassa integrazione ne' aiuti sociali. Dopo
tre mesi senza stipendio si può attingere alla Naspi che comunque tra 2
anni finisce. Ma le tasse si devono pagare e bisogna pur mangiare.
La
gente non vuole soldi, vuole la dignità, vuole poter lavorare: un
lavoro onesto in un punto vendita che incassava e che di futuro ne
avrebbe avuto se chi, non appagato da soldi e potere che già aveva in
abbondanza, non lo avesse sostanzialmente distrutto.
Un
Comune che non ha MAI espresso alcun interesse verso il nostro caso,
come fossimo persone invisibili. "In fondo è l'ennesimo negozio in centro
che chiuderà....". Un centro città che sta diventando sempre più triste e morto
perché, oggi, per chi ha un minimo di cervello e sa fare due conti, è
meglio chiudere che investire.
Ma
la cosa paradossale è che gli investitori esisterebbero e i compratori
pure ma le leggi contorte, fatte in nome del Dio Denaro e non del
benessere e della realizzazione delle persone, ribaltano le procedure
rendendo improbabile per non dire impossibile la realizzazione della
soluzione più ragionevole.
Il
Comune da solo magari era poco? Ok! Ecco allora la palla alla
Provincia. Ma anche quest’ultima si è dimostrata disinteressata.
Probabilmente il nostro caso non faceva così tanta notizia.
La Regione dimentichiamola. Nemmeno credo si sia posta il problema.
La
cosa che fa più arrabbiare è che in Lombardia, dove i punti vendita
sono la maggioranza, le cose stanno andando molto meglio. Diversi negozi
sono stati riaperti sotto altri marchi e altri si stanno per vendere.
Come è possibile una tale disparità di comportamenti? Semplicemente
perché, guidati in prima linea dai dipendenti, seguiti dai comuni, dalla
provincia e dalla regione hanno costretto il potere a fare il suo
dovere sacrosanto.
In Lombardia 32 punti vendita. In Piemonte 6 punti vendita.
6 negozi abbandonati al loro destino.
Famiglie che si sono viste cambiare la vita. Per me vuol dire aver smesso di lavorare dopo 25 anni di lavoro dipendente.
Cosa farò?
Mi
reinventerò e sopravviverò, non c’è problema. Ma ciò che è successo mi
ha cambiato dentro. Altre persone, nella mia condizione, hanno dovuto
fare i conti con problemi molto più grandi dei miei. A tutto c'è rimedio
ma il menefreghismo e il potere dei soldi sono dentro alle nostre vite
come non mai e mi domando che futuro lasceremo ai nostri figli. Questa
atavica domanda, forse banale, in questa epoca assume un significato
tutt’altro che retorico. Siamo nell’epoca del menefreghismo atomico,
condito con rabbia e disprezzo per chi chiede poco e vuole poco. Che
vuole semplicemente una vita felice, lontano dalla ricchezza fine a sé
stessa. Ricca però degli ingredienti veri: famiglia, amici, lavoro (che
oggi è semplicemente sfruttamento e poco più, almeno per le persone
semplici).
Anche
i sindacati, che anni fa (magari) aiutavano i lavoratori, adesso ben
poco fanno, vuoi per colpa di persone poco interessate (se non al loro
stipendio) vuoi anche perché le leggi italiane sono sempre più
complicate e interpretabili a seconda della situazione (e del vantaggio
personale, dei soliti, tra l'altro)
Tra
pochi giorni o settimane tutto credo sarà finito e, chissà, magari poi i
negozi vuoti senza personale saranno pronti per essere nuovamente
riaperti.
I
vecchi dipendenti, con tutto il loro impagabile know-how, lasciati
fuori per far spazio a nuovi e più sfruttabili lavoratori. Anzi,
schiavi. Perché quella è la definizione più corretta. Una bella società
di schiavi infelici.
Possiamo ribellarci? Possiamo cambiare le cose?
No. Non credo sia più possibile.
Avanti
tutta, verso un mondo che non ci piace, deciso da chi non capisce che
la felicità sta nelle piccole cose. Che, purtroppo per loro, normalmente
sono gratis.
Nessun commento:
Posta un commento